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La santissima trinità dell’ingegneria italiana

A proposito di una mostra dedicata a Sergio Musmeci

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I tre grandi ingegneri italiani possono essere visti come una santissima Trinità. Il padre naturalmente è Pierluigi Nervi. Avete mai visto una sua cupola pieghettata come fosse un manto celeste che ci copre e ci protegge? Bene, andate al suo Palazzo dello sport del 1960 all’Eur, allora. Il figlio è certamente Riccardo Morandi: a volte duro, a volte difficile, ribelle alla classicità del padre, Morandi cerca sempre la tensione, la difficoltà delle forze in equilibrio dinamico. E Morandi condivide con il Cristo il più tragico tragico destino che possa avere un ingegnere. Essere crocifisso per il crollo di una sua opera – il ponte sul  Polcevera di Genova del 1967 –  di cui fu ignobilmente accusato. Ma la Trinità dell’ingegneria italiana ha naturalmente anche uno Spirito Santo, che non può essere che Sergio Musmeci: ingegnere, astronomo, un poco poeta, certamente artista. Di Musmeci si ricorda  lo stupefacente progetto per il ponte di Messina che oggi torna per l’ennesima volta di attualità. L’ingegnere inventa una struttura allo stesso tempo razionale e poetica che sembra investita da un soffio di spiritualità. L’idea è sorreggere l’impalcato con  un sistema strallato non solo appeso alle antenne (alte 600 metri, si fa per dire), ma anche dal di sotto. Questione fondamentale – “tenerlo fermo” – visto il grande carico dinamico (treni e traffico veicolare tutti insieme) che viaggia sul ponte! Musmeci allora inventa dei tiranti che scendono verso il basso e vengono raccolti lungo una grande fune-arco che incornicia il mare. Ne risulta una rete tridimensionale – si chiama in gergo tensostruttura – che imbriglia l’impalcato in un’architettura filiforme (fa pensare allo spazio “vibrato” di Edoardo Persico nei suoi allestimenti degli anni trenta del Novecento). La  rete filtra la luce e  l’aria, misura i picchi della costa,  il mare e il cielo: sono linee forza – o raggi divini ? – che sorreggono l’ardimentosa costruzione dell’uomo. Di Musmeci si ricorda anche lo stupendo ponte sul Basento (1967-1976) anche qui una struttura membranale, ma questa volta continua che si muove come una mano che sorregga un vassoio. Musmeci ricorda che l’ingegnere strutturale non verifica forme già date, ma al contrario trova le forme giuste (e ispirate) per ciascuna costruzione.

Sergio Musmeci, Concorso Ponte sullo stretto di Messina 1969-1970, primo premio ex aequo con L. Quaroni et al

All’opera di questo straordinario ingegnere – docente alla nostra Facoltà di Architettura di Roma sino ai primi anni Ottanta quando appena 55enne ci lasciò – è dedicata una mostra al museo MAXXI di Roma. Se ne apprezza la misura nella scelta dei materiali e l’intelligenza dell’allestimento che risolve la difficile presenza di una parete interamente vetrata sovrapponendogli  una facciata interna semi trasparente che è al contempo funzionale all’allestimento e vero arricchimento spaziale. La mostra si segnala anche per i meravigliosi disegni originali, per il grande plastico del ponte di Messina e per altri materiali che fanno parte della collezione permanente del MAXXI. Indimenticabile  ascoltare la voce del professore che illustra con semplicità celestiale i concetti rivoluzionari della sua arte.

inGenio

Idee visionarie dall’Archivio di Sergio Musmeci
centro archivi MAXXI Architettura
a cura di Tullia Iori
allestimento Stefano Campagna
sino al 10 aprile 2023

Tutte le immagini sono dell’a.

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