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Passo a due tra spazio e arte: i maestri italiani del dopoguerra

La Mostra Architetture a regola d’arte rivela passione non solo per l’architettura e l’arte, ma anche per il mondo delle pubblicazioni. La presenza di libri, riviste e cataloghi danno alla mostra un tocco prezioso, personale, quasi privato. Interessante come Luca Galofaro – che firma l’esposizione al MAXXI con Ciorra, Felci e Tinacci – sia studioso dell’Architettura radicale e co-curatore della Biennale 2017 di Archi_Lab a Orleans, ma approdi in Italia non attraverso i temi principali della propria ricerca, ma con questa – bella quanto nostalgica – esposizione.

Architetture a regola d’arte, dettaglio di un pannello espositivo del progetto di musealizzazione del Castello Sforzesco, citazione di Rogers

Da poco inaugurata al MAXXI e aperta sino al prossimo ottobre, Architetture a regola d’arte è una mostra che narra il sodalizio tra architettura e oggetto d’arte. È un’affascinante danza tra diverse coreografie i cui maestri – oggi sarebbero tutti centenari o quasi – sono stati i Bbpr, Costantino Dardi, Monaco-Luccichenti, Luigi Moretti e, naturalmente, il principe dei principi Carlo Scarpa. Quest’ultimo manca alla narrazione, presumibilmente perché qualcosa di grosso deve bollire in pentola. Il racconto espositivo inizia e termina con Michelangelo, passando per Steinberg, Uncini, Capogrossi e Severini.

Per trattare di questo fantastico pas de deux la mostra si caratterizza in maniera diversa in ognuno degli spazi dedicati ai maestri, riuscendovi in maniera particolarmente convincente nelle sale destinate all’opera di Bbpr e Dardi.

Nel primo caso viene riproposto il progetto di musealizzazione della Pietà Rondanini del sodalizio di Banfi, Belgiojoso Peresutti e Rogers, attraverso l’installazione del calco della scultura michelangiolesca proveniente dal Museo tattile statale di Ancona (un calco nato per esperire la sensazione fisica della scultura, che non si può qui, però, toccare). 
Nella sala di Dardi invece si propone la costruzione di una struttura reticolare che rilegge l’interesse dell’architetto per i solidi platonici riferibile a Roma al progetto di restauro di Palazzo delle Esposizioni (1978-90) oppure alle scenografie del 1986 de Il ventre dell’architetto, per la regia di Peter Greenaway.

Nella scansione delle sale espositive di sicuro interesse appare l’idea di creare degli spazi “diaframma”, quasi intime soglie, che introducono alle sale, e la cui dimensione contenuta esalta la preziosità dei documenti esposti: fotografie e appunti che narrano di vicende più o meno ufficiali delle ricerche e la speciale sensibilità estetica che accomunava gli architetti di quella generazione. Quel famoso “gusto” propugnato da Lionello Venturi che qui diventa sostanza tangibile delle scelte di allestimento.

Architetture a regola d’arte, sala dedicata al lavoro dello studio BBPR

È proprio questa la sensibilità che portava i Bbpr a ripensare, nel dopoguerra, lo spazio espositivo museale in relazione alla fruizione dinamica e alla percezione del visitatore, anche quello più giovane. 
In mostra le foto del restauro e delle prove di allestimento dei Musei del Castello Sforzesco, danneggiato dai bombardamenti del ’43: schizzi prospettici e viste assonometriche che raccontano di come l’iter progettuale fosse stato il risultato di continui studi e continue prove e di come il museo iniziasse a essere concepito come un dispositivo didattico e comunicativo, perché “per educare occorre trovare un ‘mezzo’ […]. Poesia, ecco il mezzo” sosteneva Rogers.

Ritratto all’interno del Labirinto alla Triennale di Milano. Da sinistra Lodovico Belgiojoso, Enrico Peresutti, Saul Steinberg, Ernesto Nathan Rogers. Gian Luigi Banfi il quarto membro dei Bbpr deportato a Mauthausen per attività antifascista vi morì nell’aprile del 1945.

La stessa attenzione all’esperienza estetica è posta nei progetti redatti dai Bbpr per la Triennale di Milano del 1954: il Labirinto per ragazzi era un padiglione pensato come una pergamena che, srotolandosi, faceva spazio alle linee continue di Saul Steinberg e al mobile di Alexander Calder, e che si preoccupava di quanto importante fosse, per i più piccoli, confrontarsi con l’arte contemporanea.

Architetture a regola d’arte, sala dedicata ai progetti di Costantino Dardi in relazione al lavoro di Giuseppe Uncini e Daniel Buren

Accanto allo spazio racchiuso del museo, la mostra mette in evidenza l’oggetto artistico qnche nello spazio della città secondo le geometrie perfette di Dardi nei i suoi allestimenti urbani e cinematografici accanto al cemento e al ferro di Giuseppe Uncini, ai Wall Drawings di Sol Lewitt e alle geometrie di Daniel Buren.
Due gli allestimenti iconici di Dardi che ripensavano gli spazi della città storica: per Avanguardia e Transavanguardia del 1982 curata da Achille Bonito Oliva, l’architetto progetta un percorso che si snodava lungo le Mura Aureliane per creare una serie di strutture metalliche leggere che ospitavano le 45 opere di artisti americani ed europei, avanguardistici e transavanguardistici.
Un biennio più tardi, ai Mercati Traianei, per la mostra Roma Capitale, 1870-1911: architettura e urbanistica, veniva ideato un allestimento caratterizzato dalla presenza di un grande plastico della capitale all’anno 1870. Installato al centro della basilica traiana il plastico, in scala 1:500,  copriva circa 130 mq, e ruotava di 45 gradi rispetto il piano di calpestio per facilitarne la lettura da parte dei visitatori. 


Vincenzo Monaco e Amedeo Luccichenti nel loro studio dalla Brochure

La mostra Architetture a regola d’arte prosegue dai solidi platonici di Dardi ai lavori dello studio Monaco e Luccichenti, in cui il segno artistico si integra con l’architettura residenziale e privata, ne diventa elemento permanente e ne conferisce intensa qualità. 

Architetture a regola d’arte, i progetti di Monaco e Luccichenti insieme alle fotografie di Giovanna Silva

Nelle sequenze fotografiche di Giovanna Silva, esposte in mostra, sono presenti i pannelli e le incisioni che Pietro Consagra realizzava per gli ingressi di alcuni edifici residenziali di Vincenzo Monaco e Amedeo Luccichenti, nella Roma degli anni Cinquanta. E poi la straordinaria pavimentazione che Giuseppe Capogrossi creava per la terrazza del Palazzo della Confindustria di Roma tra il 1968 e il 1974, quasi fosse una gigantesca tela informale: un mosaico di piastrelle di gres bianco e nero, raccontato attraverso bozzetti e foto d’epoca.

Architetture a regola d’arte, sala dedicata ai lavori di Luigi Moretti

Per arrivare, infine, alla ricerca spazialista di Luigi Moretti: una sala veramente meravigliosa che racconta il pensiero di un architetto geniale, che si esplicava secondo linguaggi e media differenti: da quello pittorico-figurativo a quello filmico, sino alle pagine della rivista “Spazio” o alla sala della omonima galleria.
Alle pareti del MAXXI disegni delle architetture degli affreschi di Giotto: uno studio poetico, delicato, disegni a china su carta da lucido, che mettono a fuoco le ambientazioni urbane nelle composizioni pittoriche tardo-gotiche. 
Al centro della sala, invece, i celeberrimi modelli di Moretti che dicono del vuoto piuttosto che del costruito: “strutture e sequenze di spazi”.
Alessandra Gabriele

Collezione MAXXI – Galleria 2
Architetture a regola d’arte Dagli archivi BBPR, Dardi, Monaco Luccichenti, Moretti
a cura di Luca Galofaro con Pippo Ciorra, Laura Felci, Elena Tinacci
07 dicembre 2022 > 15 ottobre 2023

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