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Zevi, Craxi, prestigio, potere

Il gennaio 2000 fu mese di lutti eccellenti: il 9 morì Bruno Zevi, il 19 Bettino Craxi.
Due personaggi di statura internazionale, due personaggi certamente scomodi. O meglio, di comodo allorquando erano all’apice del loro prestigio o del loro potere.
Due uomini politicamente impegnati.
Da giorni si legge di vie, piazze o giardini da intitolare a Craxi a Milano, la “sua” Milano, iniziativa che non fa altro che reiterare polemiche e scontri tra fazioni politiche. Non m’interessa, non entro nel merito. Il nome di una via, piazza, giardino lascia il tempo che trova. Walter Tobagi è stato relegato alla periferia milanese mentre sarebbe stato molto più forte e giusto dedicargli la via in cui fu assassinato, a tutt’oggi sempre di proprietà di Andrea Salaino, allievo di Leonardo che ne coniò il soprannome “salai” -diavolo- per rimarcarne il carattere non tanto quieto, tanto che anch’egli fu ucciso -così come Tobagi- con un colpo alle spalle. Ma Tobagi non ha certo bisogno di una via per essere ricordato. E ciò vale per chiunque.
Torniamo a Zevi e Craxi, entrambi legati a Carlo Rosselli ed al suo “socialismo liberale”, ma in tempi e modi diversi tant’è che si sfiorarono appena.
Zevi: “Quando Bettino Craxi, Claudio Martelli e Rino Formica cominciarono a parlare del liberalsocialismo di Carlo Rosselli, mi precipito alla sezione Salario per iscrivermi al Partito Socialista Italiano. Dico: se c’è una sola possibilità su mille, bisogna rischiare.”
Fu così che Zevi aderì al PSI

Tempi e modi diversi che però non lasciarono alcun margine di lavoro comune, nonostante l’entusiasmo iniziale di Zevi che si propose di telegrafare a Craxi quanto segue:
SVOLTA POLITICA DETERMINATA DA GOVERNO A GUIDA SOCIALISTA DEVE RAPPRESENTARSI CULTURALMENTE ANZITUTTO NELLA GESTIONE CREATIVA DEL TERRITORIO DELLE CITTÀ ET DELLA ARCHITETTURA STOP FONDAMENTALI PROBLEMI DA LEGGE SUOLI FABBRICABILI AT RIFORMA UNIVERSITARIA POSSONO FINALMENTE AVVIARSI AT SOLUZIONE STOP OCORRE PERÒ PUNTARE SU QUALITÀ ET CORAGGIO INNOVATIVO NEI GRANDI ET PRINCIPALMENTE NEI PICCOLI IMMEDIATI INTERVENTI EDILIZI STOP VA ABBANDONATA IRRESPONSABILE EVASIONE POST MODERNA ET RESPINTA QUALSIASI TENDENZA NEOACCADEMICA STOP DOBBIAMO COMBATTERE TENTATIVI RESTAURAZIONE PROMOSSI DA COMUNISTI ET COMPAGNI STRADA STOP URGE COINVOLGIMENTO DIRETTO PRESIDENTE CONSIGLIO NEI TEMI CULTURALI ET ARTISTICI TROPPO A LUNGO TRASCURATI DA CLASSE POLITICA ITALIANA STOP INTELLETTUALI ARCHITETTI ET ARTISTI ISCRITTI PSI AUT MILITANTI AREA SOCIALISTA SONO PRONTI PARTECIPARE CON ENTUSIASMO SPERANZE ET RISCHI IMPERSONATI DA PRESIDENZA CRAXI

Dunque, il messaggio di “partecipare con entusiasmo speranze et rischi impersonati da presidenza Craxi” è la presa di posizione di Zevi all’indomani della nomina a Primo Ministro del segretario del PSI, speranza che il socialismo liberale cavalcato dal PSI fosse la reale attuazione in chiave contemporanea del socialismo liberale di Rosselli. E a Craxi si rivolse allorquando volle protestare contro Alberto Benzoni, esponente del PSI che, su “L’Avanti”, equiparò il sionismo al razzismo e al fascismo.

Un messaggio caduto nel vuoto, di cui Zevi si rende conto quasi immediatamente: “Devo riconoscere che la possibilità non c’è, almeno non la trovo. Una politica urbanistica ? Una politica per il piano regolatore di Roma ? Una politica universitaria ? Una politica per le televisioni provate ? Nulla. Ottimi discorsi, ottimi ordini del giorno, zero di fatto.
L’incontro con i radicali avviene sull’università e su Teleroma 56. Ho offerto Teleroma 56 a Formica e Martelli; l’hanno snobbata. I radicali invece ne colgono l’importanza, la potenziano, ne fanno uno strumento di grande rilievo.”


D’altronde, Zevi fu tra i primi ad intuire che le posizioni dei DS e dei Socialisti non potevano conciliarsi sotto le idee di Carlo Rosselli e si schierò apertamente contro l’atteggiamento di Veltroni durante il convegno”Socialismo e libertà-Ricordando Carlo Rosselli”, del febbraio 1999. Un convegno che mirava altresì a rivalutare la figura di Craxi post tangentopoli dandogli meriti precisi sulla questione della “scala mobile”, nonostante nel 1984 l’accordo PSI- Uil- Cisl diede vita alla prima vera spaccatura tra i sindacati, con la Cgl che si rifiutò di firmare quello che è conosciuto come “accordo di S.Valentino”.
Veltroni tenta di mettere sotto lo stesso tetto (DS) le comuni idee che condividevano con Rosselli, ma Zevi non ci sta: “Quella figura non vi appartiene, lo avete sistematicamente dileggiato, per voi il suo pensiero era piccolo – borghese e quasi fascista, “l’ Unita’ ” lo chiamava professorino”.
La lotta politica di Zevi bandisce qualsivoglia revisionismo di convenienza poiché sa bene che ciò comporterebbe l’impoverimento degli ideali di Rosselli a discapito di ideologie che, per quanto si tenti di non fare apparire tali, restano la base di chi comunista è stato.

Craxi navigava il Transatlantico da esperto ammiraglio che sa bene che la rotta intrapresa non è detto che porti alla meta promessa. Zevi -come ci dice Violante-“osservava l’aula di Montecitorio come un biologo osserva attraverso il microscopio i vetrini dei suoi batteri cercando di capirne le leggi che ne regolano il movimento, gli spostamenti, la crescita”.
Zevi ha sempre “vissuto” la politica poiché non aveva alcun dubbio sul ruolo fondamentale che essa aveva per la vitalità e per la propulsione di un Paese che fosse realmente democratico e che introiettasse tale status nelle sue stesse istituzioni. Valga per tutte la protesta contro l’ università quale “corporazione chiusa e burocratizzata, che non produce cultura”.

Alla fine, ciò che accomuna Craxi e Zevi sono semplicemente lo stesso mese e lo stesso anno di morte, a dieci giorni di distanza.
Dunque, a dieci anni di distanza che cosa si deve celebrare, commemorare, intitolare ai due?
Penso proprio che non si debba commemorare nulla, né celebrare nulla.
Zevi ha lottato sempre per la libertà a 360° e per tale lotta ha acquisito prestigio. Una libertà che egli sapeva essere al servizio di tutti.
Craxi ha lottato per la propria libertà: “la mia libertà equivale alla mia vita, nessuno mi può toccare, se mi tocca io muoio”, una libertà che egli credeva direttamente proporzionale al suo potere di uomo politico.
Ma si sa: il prestigio nasce poco a poco e, essendo conquistato per ciò che si dà , una volta acquisito, non ha bisogno di commemorazioni, di lapidi, di celebrazioni. E’ prerogativa di uomini che combattono pressoché da soli le battaglie in cui credono e che non sono mai finalizzate all’acquisizione del potere. Il prestigio è sempre vivo ed è fonte a cui attingere.
Viceversa, il potere non può fare a meno del consenso di chi ci circonda, di chi ci identifica come il mezzo attraverso il quale noi stessi possiamo trarre dei vantaggi personali. Craxi fu uomo di potere e lo fu a tal punto che venne rinnegato da chi gli scodinzolava intorno prima di tangentopoli. Gli uomini di potere, una volta perso questo, restano soli, in attesa di una rivalutazione o riabilitazione che, francamente, lascia il tempo che trova: meriti e demeriti fanno parte della storia di ogni uomo e non ha alcun senso esaltare gli uni o accanirsi sugli altri. Dunque, che a Craxi sia pure intitolata una via, un parco, o una città purché non diventi atto di purificazione né per Craxi stesso né, soprattutto, per chi lo abbandonò al suo destino fuggendo dal baratro per salvare il proprio sedere.
Zevi ha già la sua bella scalinata a Valle Giulia.
Craxi, di “via”, ne ha un bel po’: ”Via Bettino Craxi, 00038 Valmontone Roma, Lazio; via Bettino Craxi, 71100 Foggia, Puglia; via Bettino Craxi, 73100 Lecce, Puglia; Via Bettino Craxi, 73020 Botrugno Lecce, Puglia; Via Bettino Craxi, 87040 Marano Marchesato Cosenza, Calabria; Via Bettino Craxi, 87029 Scalea Cosenza, Calabria; Piazza Bettino Craxi, 58100 Grosseto, Toscana”.

In fondo, pur non avendo fatto nulla di eclatante, anche io ho una città e infinite vie o piazze che portano il mio cognome. Va beh… manca il nome, ma è un piccolo dettaglio.
Zevi e Craxi, due uomini diversamente politicamente impegnati. Morti nel gennaio 2000 ma ancora diversamente vivi.


(Paolo G.L. Ferrara – 4/1/2010)

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