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Molinari: Biennale ailati …ma de che?

In questo video Luca Molinari, neocuratore del padiglione Italia alla prossima biennale di Venezia, ci spiega in sintesi: AILATI (forma specchiata della parola ITALIA) è un modo laterale di vedere l’architettura (…Rossi, Gregotti, Purini) oltre la centralità(!?). Paura del futuro? Noi costruiamo futuro in modo consapevole. Occorre pensare alle parole chiave e agli strumenti per costruire futuro oggi in modo laterale, senza riferimenti al postmodernismo, al pensiero debole o alle teorie del linguaggio. Il passato, gli ultimi vent’anni, sono un buco nero della nostra cultura architettonica su cui occorre riflettere.
Presupposti, secondo noi, molto deboli per guarnire un’insalatina che non dà grandi aspettative. La visione laterale di Rossi, Gregotti e Purini probabilmente ce la siamo persa, ma conosciamo bene come questi leoni della ricerca ci abbiano infilato nel buco nero degli ultimi vent’anni. Ed ora, loro e i loro nipotini, dal buco dovrebbero farci uscire. Il resto mi pare “fuffa” come direbbe l’architetto Crozza. Per questa ragione Antithesi riceve e rilancia condividendola in pieno la critica severa di Emanuele Piccardo a Luca Molinari, responsabile del contenuto del padiglione Italia alla prossima biennale di Venezia.
Dice Piccardo: “Scorrendo l’elenco degli invitati si fa fatica a rintracciare l’architettura intesa come arte civile ed etica; basta pensare alle intercettazioni e alle indagini che nell’anno 2009-2010 hanno visto protagonisti alcuni dei selezionati alla Biennale. D’altronde se L’espresso la settimana scorsa titolava “Il casino delle libertà” senza remore si può affermare che la prossima sarà “La biennale delle libertà” in cui tutto è concesso e permesso almeno nel contesto italico. Se avessi pronosticato e chiuso dentro una busta sigillata i nomi degli invitati al padiglione italiano avrei azzeccato gran parte degli architetti. Infatti si ritrovano un po’ i soliti noti: Metrogramma, Gambardella, Ma0, Archea, C+S, 5+1aa, Scandurra, Servino, Pellegrini, Navarra, Labics… e poi i vari Piano, Fuksas, Gregotti, Purini…
E aggiunge: “Allora non stupiscono le contraddizioni di Molinari quando parla di “visione” e “futuro” senza avere nessun riscontro nelle ricerche di alcuni selezionati. Una visione implica il ritorno alla ricerca dell’utopia realizzata. Ailati è la riproposizione di architetti che hanno avuto il loro apice all’inizio degli anni duemila in concomitanza con la Triennale curata dallo stesso Molinari. Al centro del cui operare non si avverte la necessità di scoprire nuovi architetti che fanno ricerca ma di consolidare il mercato dell’architettura. Quali possibilità hanno gli architetti, i critici, i fotografi, di emergere dalla lateralità di cui parla Molinari? Che ruolo svolgono le istituzioni nel fornire un accesso ai luoghi deputati alla diffusione dell’architettura (MAXXI, Triennale), dove poter sperimentare e verificare le proprie ricerche? Questi sono i temi che si devono affrontare per uscire dallo stallo, presunto o reale, del sistema ‘architettura/Italia’. Si parla di futuro in Italia 2050 e tranne Ian+ (micro-utopie, Goethe’s House, Housescape, nuove ecologie dei sistemi viventi) non riscontro in Gambardella, Marc, Ma0, Rota, Servillo ecc… riflessioni sull’immaginare il futuro alla maniera di Soleri, Archigram, Otto, Fuller, Metabolisti giapponesi… Sono assenti le teorie e le visioni di architetture future che implicano una diversa concezione della società.” L’articolo completo è raggiungubile a questo indirizzo: biennale_ailati.
Paolo GL Ferrara, in un articolo di novembre 2009 (Luca Molinari e una Biennale né elegante, né agnostica), riportava le parole del neocuratore prima d’essere investito dell’incarico: “La critica deve smettere di compiere esercizi di stile e minuetto, ma esprimere i quadri di fondo, gli scenari necessari per costruire futuro. La critica deve imparare ad essere generosa senza essere compiacente; deve ripensare le parole che usa e quello che oggi significano, in un mondo che sta cambiando completamente. La critica deve affiancarsi all’architettura e spronarla ad uscire dalle tane di un professionismo elegante e agnostico.
Infatti…


Nel contempo riceviamo un antipasto di ciò che vedremo nella biennale di Molinari. Citiamo dal messaggio testualmente ricevuto :
“SPAZIOFMGPERL’ARCHITETTURA di Iris Ceramica e FMG Fabbrica Marmi e Graniti, dopo l’interesse sollevato con l’edizione dello scorso anno, riprende il discorso dell’architettura italiana all’estero con la mostra a cura di Luca Molinari ITALIANS DO IT BETTER #2
I progetti in mostra sono:

Carlorattiassociati: The Cloud, Olympic Games 2012, Londra
The Cloud consiste in una torre alta 120 metri, su cui è sospesa una fitta serie di bolle in plastica ETFE (…) Si propone anche come un ampio sforzo di raccolta energetica: la gente può scegliere di salire a piedi o in bicicletta e l’energia delle persone è convertita in elettricità (…) Il progetto è finanziato da una raccolta fondi che avviene attraverso un sito realizzato appositamente, che serve anche da interfaccia per chi curioso ha voglia di scoprire il progetto e finanziarlo, facendo sì che the Cloud diventi un simbolo di proprietà globale.

Liverani/molteni architetti: Rain-Hail Resort, Phuket
(…) La volumetria si genera come estrusione di un profilo tipo che richiama la forma tradizionale dei tetti a falda. La geometria dell’impianto, che si adatta all’irregolarità del lotto, e le inclinazioni delle coperture a 45° danno come risultato una forma articolata e espressiva. (…)

Studio Archea: UBPA (Urban Best Practice Area) B3-2 Pavillon, World Expo 2010, Shanghai
L’edificio è, per richiesta della committenza, un semplice contenitore rettangolare di 78 per 28 metri (…). (…) lo spazio risulta così illuminato e irradiato senza necessità di consumo di energia.
(…) La costruzione è pensata per consentire la riconversione e il recupero dell’edificio, progettato per poter essere smontato e rimontato in altro luogo. (…) Le pareti esterne sono in struttura metallica, rivestite da pannelli in tessuto siliconico che trasformano la scatola edilizia in una superficie morbida e vibratile.

Le recensioni che accompagnano le immagini sono di Luca Molinari.
Sorvolando sull’uscita “dalle tane di un professionismo elegante e agnostico” e sulle “visioni di architetture future che implicano una diversa concezione della società”, lasciando perdere il fatto che viene difficile rintracciare una qualsiasi novità linguistica (la poesia non la disturbiamo nemmeno), oltre l’indiscutibile vantaggio che in queste architetture ci si diverta come al luna park, gli sciacquoni funzionino e si risparmi un sacco di corrente elettrica, la domanda che facciamo è piuttosto elementare: ma lo spazio, che fine ha fatto?
Trasforma la scatola edilizia in morbida e vibratile superficie?

(La redazione – 12/5/2010)

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